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Bancarotta fraudolenta documentale e prova della responsabilità dell’amministratore testa di legno

Secondo il tradizionale orientamento della Corte di Cassazione, la responsabilità dell’amministratore apparente per il reato di bancarotta fraudolenta documentale deriverebbe dalla mera assunzione della carica, in quanto sullo stesso incombe un diretto e personale obbligo di tenere e conservare le scritture contabili, senza che sia necessario, a differenza delle ipotesi di bancarotta patrimoniale, che l’amministratore formale sia consapevole dei disegni criminosi nutriti dall’amministratore di fatto, attinenti alla distrazione di beni costituenti il patrimonio sociale (ex multis, Cass. pen., Sez. V, 19febbraio 2010, n. 19049 del 19/02/2010, Rv. 247251, Cass. pen., Sez. V, 30ottobre 2013, n. 642, Rv. 257950).

Con la sentenza n. 12455 del 16 ottobre 2019, la Cassazione aderisce, invece, ad un orientamento maggiormente garantista formatosi recentemente in seno alla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, nel rispetto del principio di colpevolezza di cui all’art. 27 della Costituzione, la sola assunzione della carica di amministratore apparente non fonda automaticamente un giudizio di colpevolezza, anche in tema di bancarotta fraudolenta documentale. Secondo i giudici di legittimità, anzi, la responsabilità va esclusa quando emerga che l’amministratore di fatto abbia concretamente gestito, in maniera complessiva e sostitutiva la società, in modo da relegare il ruolo dell’amministratore diritto a un mero atto formale.

Non si può, cioè, trattare, chiarisce la Cassazione “di una responsabilità di posizione, derivante dalla sola assunzione della carica formale, conseguentemente affermandosi la sola responsabilità dell’amministratore di fatto con esclusione di quella dell’amministratore formalmente in carica, in quanto la responsabilità di quest’ultimo non può essere desunta, nè sulla base della mera titolarità della carica (responsabilità di posizione), né in forza di comportamenti esclusivamente negligenti nell’espletamento (o nel mancato espletamento) delle mansioni alla stessa connesse” (Cass. pen., Sez. V, 9aprile 2019, n. 35095).

E dunque, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, per poter fondare la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa fallita, alla violazione dei doveri di vigilanza e di controllo che derivano, ex lege, dalla accettazione della carica deve essere aggiunta la dimostrazione non solo astratta e presunta, bensì effettiva e concreta, della consapevolezza dello stato delle scritture, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari o, per le ipotesi con dolo specifico, di farne emergere la strumentalità verso fini di pregiudizio in danno dei creditori(Cass. pen., Sez. V, 1 marzo 2019, n. 34112).

Infatti, se da un lato è certamente vero che la carica di amministratore di diritto di una società assegni alla persona che la ricopre doveri di vigilanza e controllo (sintetizzabili nella posizione di garanzia ex articolo 2392 del Codice Civile), la cui violazione comporta responsabilità penale a titolo di dolo generico, è pur vero che “l’addebito di consapevole mancanza di condotta impeditiva del fatto illecito può muoversi soltanto quando la condotta omissiva sia stata accompagnata dalla rappresentazione della situazione anti-doverosa, onde legittimare la prefigurazione dei consequenziali eventi tipici del reato” (Cass. pen., Sez. V, 2 luglio2018, n. 40176) o, nella prospettazione del dolo eventuale, l’accettazione del rischio del loro accadimento.

Quanto, poi, all’ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale punita a titolo di dolo specifico, ai fini dell’affermazione di responsabilità, la responsabilità dell’amministratore apparente potrà essere affermata unicamente quando vengano specificamente individuati gli elementi di prova dai quali possa desumersi che lo stesso abbia agito allo scopo di recare pregiudizio ai creditori (animus nocendi) ovvero al fine di recare a sé o ad altri un ingiusto profitto (animus lucrandi).

Diversamente opinando, l’automatico riconoscimento della responsabilità dell’amministratore di diritto per i fatti illeciti commessi dall’amministratore di fatto, in relazione alla tenuta dei libri contabili, contrasterebbe con il principio di personalità della responsabilità penale, individuando in capo al prestanome, o una sorta di responsabilità oggettiva, derivante dalla mera assunzione della carica, o un addebito a sfondo meramente colposo, per aver omesso di vigilare sulle condotte del reale gestore.

In definitiva, quindi, così come già avvenuto in tema di bancarotta patrimoniale, in seno alla Corte di legittimità si sta sviluppando un orientamento, maggiormente aderente al di principio di colpevolezza di cui all’art. 27 della Costituzione, secondo cui non è sufficiente la mera assunzione della carica per l’affermazione della penale responsabilità per il reato di bancarotta fraudolenta documentale, ma è richiesto un rigoroso accertamento dell’elemento soggettivo in capo all’amministratore apparente, in particolare nei casi in cui sia accertata la presenza di un amministratore di fatto, quale vero dominus della società.

bancarotta fraudolenta, testa di legno