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Omesso versamento dell’Iva, irrilevante la crisi di liquidità

La crisi di liquidità non è causa di esclusione dell’elemento soggettivo per la configurazione del delitto di omesso versamento Iva. L’articolo 10 ter del decreto legislativo 74/2000 punisce con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a 250mila euro per ciascun periodo d’imposta.

Il reato di omesso versamento non si integra con l’omissione di un versamento periodico, il cui importo, anche se sommato ad altri omessi versamenti, sia superiore alla soglia di punibilità prevista dalla norma ma quando il contribuente non versi entro il termine stabilito il debito Iva risultante dalla dichiarazione relativa all’anno precedente. Purché l’importo superi la soglia di 250mila euro indicata dalla norma. È un reato a cosiddetta condotta mista, in cui la componente attiva è riconducibile alla presentazione della dichiarazione annuale Iva da parte di chi è obbligato a tale adempimento mentre quella omissiva è rappresentata dall’omesso versamento dell’Iva.

Il momento consumativo del reato quindi coincide con quello in cui la legge fissa il termine ultimo per il versamento dell’imposta. Il reato in questione è stato peraltro oggetto di modifiche con il decreto fiscale (il decreto legge 124/2019) collegato alla legge di Bilancio 2020 intervenendo sulla soglia di punibilità e riducendola da 250mila euro a 150mila euro. Per poi in sede di conversione del decreto legge ripristinare invece la precedente soglia di 250mila euro. Per quanto riguarda l’elemento soggettivo per la configurazione del reato, la condotta deve essere accompagnata dal dolo generico che consiste nella coscienza e volontà di non versare all’Erario le somme dovute a titolo di Iva del periodo considerato.

Per quel che concerne la rilevanza della crisi di liquidità – quale causa di esclusione dell’elemento soggettivo – la giurisprudenza si è espressa prevalentemente in modo negativo non rilevando, a parere del giudice di legittimità, la circostanza che la società attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte al pagamento di debiti ritenuti più urgenti: l’omissione, dunque, non può essere solo il frutto della scelta volontaria e discrezionale dell’imprenditore.

Al riguardo la Corte di cassazione ha stabilito (si veda, da ultimo, la sentenza 41602/2019 ma nello stesso senso va anche la sentenza 50007/2019) che è irrilevante, ai fini dell’esclusione della colpevolezza, la crisi di liquidità del debitore alla scadenza del termine fissato per il versamento dovendo invece provare di non essere stato in grado, per cause a lui non imputabili, di reperire le necessarie risorse per l’adempimento dell’obbligazione tributaria nonostante avesse posto in essere tutte le azioni possibili. Caso diverso invece se l’omesso versamento dell’imposta sia avvenuto in presenza di un concordato preventivo.

La Cassazione (si veda la sentenza 15853/2015 ma nello stesso senso va anche la sentenza 5921/2014) ha generalmente escluso il reato di omesso versamento dell’Iva qualora l’inadempimento sia successivo alla presentazione della domanda di concordato preventivo. A partire dal momento di presentazione della domanda, infatti, viene meno qualunque comportamento illecito connesso all’omissione. La Corte di cassazione recentemente è andata anche oltre escludendo la rilevanza penale della condotta anche nel caso in cui l’ammissione al concordato sia stata successiva alla scadenza dei versamenti (si veda la sentenza 36320/2019).

Per il reato di omesso versamento Iva, come per le fattispecie di omesso versamento delle ritenute e indebita compensazione con crediti non spettanti (come previsto nell’articolo 10 bis e al comma 1 dell’articolo 10 quater), il legislatore ha introdotto una causa di non punibilità con il nuovo articolo 13. Sulla base dell’articolo in esame, la condotta descritta non sarà penalmente sanzionata quando il contribuente versi integralmente le somme dovute all’Erario, comprensive anche di sanzioni amministrative e interessi, prima della dichiarazione dell’apertura del dibattimento di primo grado. L’integrale pagamento degli importi dovuti può anche avvenire utilizzando gli istituti deflattivi del contenzioso tributario quali la conciliazione giudiziale o stragiudiziale, l’accertamento con adesione o l’istituto del ravvedimento operoso.

È possibile chiedere per il versamento del debito residuo, e in caso in cui il debito si stia estinguendo, una proroga di tre mesi al giudice penale. Si tratta di una proroga che dovrebbe essere concessa automaticamente a seguito di semplice richiesta, purché si stia procedendo all’estinzione del debito fiscale